Intervista a Stefania Tobaldini, presidentessa AIAF

La malattia di Fabry: nuove sfide e importanti traguardi per la malattia di Anderson Fabry


Dal 2016 AIAF, l’associazione italiana Anderson-Fabry è al fianco delle persone con questa malattia rara. L’obiettivo è quello di promuovere le migliori pratiche di diagnosi, cura e assistenza. AIAF ogni giorno si impegna anche a promuovere attività di sensibilizzazione e divulgazione sull’ Anderson-Fabry avvicinando i pazienti ad altri pazienti, i pazienti a medici specialisti per creare un’unica grande rete di aiuto e supporto. Aprile è il mese dedicato a questa rara patologia, a raccontarla a Malattie Rare al Centro, è la voce di Stefania Tobaldini, presidentessa dell’associazione AIAF.


Il contributo che AIAF offre alle persone con la malattia di Fabry è importante. Come porta avanti questo impegno l’associazione e quali le sue iniziative?

«AIAF, nata nel 2016, ha come primo obiettivo quello di dare sostegno alle famiglie, fornire dei punti di riferimento e fare in modo che il paziente non si senta mai solo. Un supporto importante è quello di dare il maggior numero possibile di informazioni su cosa comporta la patologia di Anderson-Fabry, anche in collaborazione con i medici del comitato scientifico. Creare contatti tra i pazienti è fondamentale per noi, affinchè si crei una sorta di rete di mutuo aiuto. I pazienti quando hanno consapevolezza della patologia, possono diventare loro stessi di aiuto per altri pazienti, mettendosi al servizio degli altri con la propria esperienza e testimonianza. L’associazione vuole poi essere un punto di contatto tra tutti i portatori di interesse, malati, istituzioni, medici, con il desiderio di far emergere le necessità dei pazienti e permettere di migliorare la qualità di vita. AIAF promuove progetti in ambito socio sanitario, sostiene pratiche di cura e altri progetti legati al finanziamento di borse di studio per ricerca. Questo mese dedicato alla consapevolezza sulla malattia di Fabry siamo poi particolarmente attivi, con tantissime iniziative e proposte».

Per tutte le iniziative è possibile visitare la sezione dedicata del sito: http://www.aiaf-malattiadifabry.org/attivita-e-progetti.html


Quali sono gli obiettivi che come AIAF vi siete prefissati ad inizio operato e quali le sfide vinte in questo viaggio?

«In questi ultimi anni c’è stata sicuramente una maggiore divulgazione di informazioni, grazie anche ai social e al web, oltre all’interesse delle istituzioni, grazie all’operato delle associazioni. C’è un atteggiamento di ascolto che in passato non c’era. Abbiamo creato maggiori contatti con i pazienti, grazie a meeting annuali, che nel periodo pre-pandemia hanno permesso di incontrarsi  e condividere informazioni, aggiornamenti ed esperienze. Grazie ai social non ci siamo fermati, anzi il web ci ha permesso di aumentare la partecipazione e la diffusione di aggiornamenti ed informazioni.

Mettere in contatto i pazienti, aiutarli ad  uscire dalla condizione di solitudine è un traguardo importantissimo. Gli obiettivi da raggiungere sono moltissimi: tra questi l’importanza dello Screening Neonatale Esteso della Malattia di Anderson-Fabry , che permetterebbe  la diagnosi alla nascita, quando i sintomi non sono ancora evidenti. Altro traguardo fondamentale da raggiungere è il riconoscimento della malattia come invalidante, soprattutto per giustificare le  assenze dal lavoro, necessarie per terapie e controlli periodici. Questo riconoscimento permetterebbe ai pazienti o ai genitori dei bambini con Malattia di Fabry di usufruire di permessi speciali previsti per legge senza dover ricorrere ad usufruire di giorni di ferie per curarsi.

Altri aspetti importantissimi  sono la possibilità di curarsi a casa e la gestione multidisciplinare, che consentirebbero  al paziente una presa in carico e una gestione del tempo ottimale.

 E’ fondamentale investire sull’organizzazione dei centri di riferimento, creando ad esempio percorsi di accesso a tutte le visite ed esami necessari nello stesso centro e possibilmente nello stesso giorno, in modo da ridurre l’interferenza della malattia con la vita del paziente».


Quale è la panoramica italiana dei pazienti Fabry? Quale la loro situazione ?

«Non conosciamo il numero esatto di pazienti in Italia . L’associazione è in contatto con circa 400 persone, ma se ne stimano molte di più, considerando che ci sono ancora molte persone in cerca di diagnosi o che non sanno di avere questa patologia. Dai dati sullo screening neonatali risulta che possa esserci un caso ogni circa 8000 nati, a cui spesso segue la diagnosi del genitore. Non è così rara come si possa pensare. Lo screening neonatale sicuramente è uno strumento per ottenere numeri più precisi».


In un prossimo futuro cosa si augura per la “gestione” di questa malattia? Quali gli aspetti più urgenti?

  • Formazione del personale medico
  • Il riconoscimento della malattia di Fabry come malattia invalidante
  • Terapia domiciliare
  • Screening Neonatale
  • Gestione del Tempo

Ci sono ancora della zone d’ombra che genitori e bambini affetti dalla malattia di Fabry dovrebbero conoscere?

«Un aspetto che condiziona molto la qualità di vita dei pazienti è il dolore e la stanchezza. Lo abbiamo rilevato da un’indagine sulla qualità di vita condotta nel 2018 in collaborazione con il Consorzio per la Ricerca Economica Applicata in Sanità (C.R.E.A. Sanità – Università di Tor Vergata di Roma). Dal campione di 106 pazienti che hanno partecipato all’indagine, è emerso che il 68% ha dichiarato di avere il dolore come costante e con intensità variabile, da moderato a molto intenso (8%). Il dolore del paziente Fabry viene spesso sottovalutato anche perché non è misurabile o non viene riscontrato da un esame specifico, a differenza di altri aspetti clinici che possono invece essere evidenziati da esami specifici

Questo sintomo si manifesta anche in età pediatrica, e spesso viene sminuito. Fare luce su questa sintomatologia è importante. Spesso accade che il paziente non riferisca al proprio clinico la presenza di dolore costante perché con il tempo impara a conviverci.  

Qualche domanda più mirata da parte dei clinici farebbe emergere un aspetto della malattia ancora poco indagato e considerato.

È una “zona d’ombra” su cui stiamo cercando di attivarci, proponendo ai pazienti dei focus di approfondimento durante i nostri incontri associativi.

I pazienti hanno l’esigenza di capire come gestire il dolore, poiché condiziona la gestione della quotidianità e anche della socialità».


Fra le attività di cui vi occupate, qual è quella più sentita e partecipata da malati e famiglie?

«Negli anni è aumentata la necessità di condividere le proprie esperienze e confrontarsi con altre persone con la stessa patologia. Per la nostra Associazione tutte le occasioni di incontro con i pazienti e i medici, sono i momenti  più proficui e preziosi sia per approfondire la conoscenza della patologia, sia per condividere le proprie esperienze.

Molto apprezzato è stato anche il meeting bambini e ragazzi. Nel periodo precedente la pandemia, abbiamo cercato di coinvolgere non solo le famiglie ma anche i bambini con la Malattia di Fabry e i loro fratelli e sorelle, creando delle occasioni di aggregazione appositamente pensate, come ad esempio attività guidate da esperti e formatori.

Un altro gruppo che in questi ultimi anni si è creato, è il Gruppo Young, che rappresenta l’AIAF del domani, dove i ragazzi possono confrontarsi e realizzare delle attività in auto-gestione, in spazi a loro dedicati.

In generale, le iniziative più partecipate sono quelle dove i pazienti e le famiglie hanno la possibilità di essere coinvolti insieme ad altri pazienti ed altre famiglie, sia per ricevere informazioni sulla patologia attraverso eventi formativi, sia per potersi confrontare con altri pazienti. Sono occasioni preziose per aumentare la condivisione e la consapevolezza

Anche la modalità online “AIAF in connessione”, nata in piena pandemia, ci ha permesso di raggiungere molte famiglie che ancora non avevano avuto possibilità di avvicinarsi all’associazione.  Non è sempre facile, per una famiglia, lasciarsi coinvolgere e partecipare ad un meeting in presenza e affrontare con persone sconosciute argomenti delicati come la malattia. Diversamente, la modalità online ci ha permesso di creare le condizioni favorevoli alla partecipazione di più persone che si trovano in aree geografiche diverse, senza necessità di spostamenti; il tutto facilmente fruibile nel proprio ambiente familiare.

È una modalità che vorremmo continuare a proporre anche al termine della pandemia, in aggiunta ai tradizionali Meeting in presenza».